Non temo la notte come quegli insonni
e spauriti cacciatori di ricordi.
Io cammino nella notte
ne attraverso le ore
sostando inquieta nelle soglie della casa
sul bordo del balcone
in quello del divano
nello spigolo scrostato del camino.
Mi fermo ad ascoltare
aspettando il momento di passare la soglia del mio tempo
e intanto osservo la summa dei miei anni,
la mia giovine testa che febbrile proietta il futuro.
Mi fermo a elencare quel che ho fatto e quel
che non potrò più fare e nella veglia
torbide e ambigue riemergono le immagini
alcune di vergogna altre di sconfitta
talune di amarezza.
E nella veglia
limpido e schietto proietto il mio da farsi
marcando il tempo con la calcolatrice.
Giacché quando la fretta diurna non mi divora
mi fermo paziente nella notte
per la paura di perdere l’attimo.
Quell’attimo unico nella vita degli uomini
che separa ma non divide
l’obsolescenza dalla possibilità.