Fuggo dai tuoi respiri sbadati
e dalle note sghembe e dalle storie inventate,
seguo il tormento del mio vicino, nell’unico accordo riuscito,
ripiombo nella realtà
cercando appigli alle ore sospese.
Appendo borse vuote
su ganci ricurvi e le guardo disfarsi.
Aspetto un segno.
Una foglia caduta in estate
una coccinella rossa sulla zampa del mio cane
una parola lanciata nell’aria
che infranga la finestra della cucina.
Fuggo perché non credo
che tutto questo sentire sia un vero sentire.
E spio dal buco della serratura,
con le trecce legate da nastri di trina,
sperando che tu non scopra mai
la mia impudenza di leggermi altrove.
Non resto, ma fuggo per tornare.
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